Un boombox che rimbalza sulle facciate, una crew che si alterna in una piazza, una tuta che resiste alla pioggia: รจ in queste scene urbane che si legge la storia dello streetwear. Quello che nasce come codice di riconoscimento nei sobborghi diventa presto linguaggio globale, attraversando musica, sport e industria. La domanda che attraversa gli addetti ai lavori รจ sempre la stessa: รจ esaurito il percorso originario di questo fenomeno oppure si sta trasformando in qualcosโaltro? Lo raccontano le vie delle cittร , i negozi con le vetrine adatte agli skate e le collaborazioni tra designer di alta moda e marchi di strada.
Le radici e lโenergia delle strade
Le prime immagini che si associano allo streetwear provengono dai quartieri del Bronx, di Harlem e del Queens tra gli Anni โ70 e โ80: giovanissimi che usavano abbigliamento funzionale per ballare, per competere, per resistere. In quel contesto la black culture e lโhip-hop non sono solo colonna sonora, ma matrici identitarie. Sui marciapiedi si vedono tute Adidas, cappellini New Era e catene dโoro infilate sul petto, come facevano gruppi come i Run DMC. I produttori di calzature capiscono presto lโimportanza del fenomeno: le sneakers smettono di essere solo scarpe da sport per diventare simbolo sociale, con accordi commerciali che fanno epoca.

Parallelamente emergono le taglie generose e lโidea che il vestito debba rispondere al movimento e alla performance urbana. Da questa scelta nascono codici estetici che mutano a seconda delle sonoritร : la disco, il punk, il reggae definiscono silhouette e grafiche diverse, pur condividendo lโobiettivo di rivendicare lo spazio pubblico. Un dettaglio che molti sottovalutano รจ proprio la relazione pratica tra funzione e estetica: lo sportswear diventa linguaggio perchรฉ serve a muoversi, e il movimento non รจ mai neutro.
La musica, i brand e la cultura dell’hype
Lo sviluppo dello streetwear passa attraverso luoghi e personaggi che traducono su prodotto una cultura. Dalla California arriva Stรผssy, con semplici Tโshirt e board da surf marcate da un logo che diventa emblema. ร da qui che prende forma una rete di fedeltร chiamata International Stussy Tribe, un meccanismo che mostra come il senso di appartenenza sia al centro del fenomeno. Allo stesso tempo il Giappone assorbe queste suggestioni: DJ e creativi locali trasformano la lezione occidentale in nuove etichette, come il marchio nato dallโesperienza di Hiroshi Fujiwara e poi i progetti di Tomoaki Nagao.
La storia dello drop settimanale e delle produzioni limitate รจ altrettanto cruciale. Marchi come Supreme, fondato da James Jebbia nel 1994, fanno della scarsitร una leva strategica, mescolando prodotto e rito di acquisto. Il successo si fonda su due elementi: il fator hype e il design degli spazi vendita โ negozi pensati per essere attraversati con lo skate diventano esperienza oltre che punto di vendita. Questo approccio ha reso lo streetwear un linguaggio commerciale potente, ma anche fragile: comincia a trasformarsi quando lโaccesso ai marchi si struttura intorno alla domanda e non piรน solo alla cultura.
Un fenomeno che in molti notano solo nelle grandi cittร รจ la replicabilitร dei simboli: il logo diventa moneta di scambio, e chi vive la cultura lo percepisce subito.
Dalla nicchia al lusso: presente e prospettive
La cesura che porta lo streetwear dentro lโuniverso del lusso รจ il risultato di incroci tra sensibilitร sartoriale e estetiche urbane. Giร a metร degli Anni โ90 designer come Raf Simons sperimentano lโunione tra taglio sartoriale e immaginario giovanile. Altri nomi, come Riccardo Tisci, seguiranno la stessa direzione, trasferendo frammenti della cultura di strada nelle collezioni di maison storiche. Il progetto di Kanye West con Yeezy espande la possibilitร di materiali e silhouette allargate, rendendo evidente che il confine tra basso e alto รจ permeabile.
In questo processo la figura di Virgil Abloh ha avuto un ruolo simbolico: da OffโWhite allโincarico alla linea uomo di Louis Vuitton, la sua esperienza ha mostrato come il linguaggio urbano potesse dialogare con la tradizione del lusso. Le collaborazioni tra grandi gruppi e brand di streetwear hanno ridefinito valori e prezzi, e il mercato si รจ complicato. Secondo alcuni operatori, il risultato รจ una saturazione che stabilizza lโinteresse commerciale; per altri resta uno spazio di sperimentazione.
Per lo stilista Michele Lamanna lo streetwear รจ anzitutto ยซuno stile di vitaยป e un insieme di subculture che si incrociano: per questo la via dโuscita dalla crisi passa per lโoriginalitร della comunicazione e per lโapertura a strumenti digitali come il gaming e lโintelligenza artificiale. Un aspetto che sfugge a chi vive in cittร รจ che, nonostante la perdita dellโesclusivitร , il codice visivo continua a sopravvivere nelle periferie e nei quartieri, dove la tโshirt oversize o la giacca tecnica restano segnali immediati di appartenenza. ร su questi segnali, concreti e quotidiani, che si giocheranno le prossime mosse di designer e consumatori.
