A pochi passi dalla carreggiata che serpeggia tra le colline della Liguria, emerge una figura scolpita nella roccia che interrompe l’abitudine del paesaggio rurale: un volto umano di grandi dimensioni, visibile anche dalla strada. Si parla del Volto di Borzone, noto localmente come il Volto di Cristo megalitico, una presenza silenziosa che attira l’attenzione di chi attraversa la provincia di Genova. La prima impressione è concreta: la scultura ha proporzioni che si notano subito, e mette in relazione immediata il territorio con una forma d’arte incisa nella pietra. Un primo dato tecnico che emerge è la dimensione: l’opera è stimata in circa sette metri d’altezza per quattro di larghezza, proporzioni che spiegano perché la si scorga anche da punti distanti.

Origine e interpretazioni
Il Volto di Borzone è oggi al centro di dibattiti tra storici, archeologi e appassionati: non esiste una datazione condivisa e le spiegazioni proposte sono diverse. Alcune ipotesi, riferite in studi e resoconti locali, suggeriscono un’apparizione antica, con una possibile relazione a pratiche rupestri preistoriche; in questo quadro, il volto potrebbe rientrare tra i manufatti che svolgevano funzioni rituali o simboliche. D’altra parte, fonti ritenute più attendibili indirizzano l’interpretazione verso un intervento medievale: secondo questa lettura, la scultura sarebbe opera di comunità monastiche locali, forse dei frati benedettini, e avrebbe voluto enfatizzare la presenza del cristianesimo nella vallata.
Un dettaglio che molti sottovalutano è la stessa tecnica di lavorazione: scolpire una massa rocciosa di tali proporzioni richiede scelte operative precise e strumenti adatti, elementi che alimentano il dibattito sulla cronologia dell’opera. Lo raccontano specialisti del settore quando analizzano gli strumenti e i segni lasciati sulla parete. Bisogna inoltre considerare il riferimento iconografico: la somiglianza con il volto riportato sulla Sacra Sindone è spesso citata dalla tradizione popolare, ma rimane una chiave interpretativa più simbolica che documentata. Nel complesso, l’origine resta un tema aperto: paleolitico come ipotizzato da alcuni o Medioevo secondo altri, il fatto certo è che il manufatto collega storia, fede e paesaggio in un’unica lettura visiva.
Visita, accessibilità e contesto paesaggistico
Il Volto di Borzone è accessibile senza biglietti né controlli orari rigidi: la scultura è visibile dalla strada e dai sentieri che percorrono il versante, e la sua fruizione è libera. Il percorso più comune non è tecnicamente difficile, ma richiede attenzione: sentieri sterrati e tratti rocciosi impongono l’uso di scarpe comode e una cautela minima, soprattutto in presenza di umidità o nebbia. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la variabilità della visibilità legata alla vegetazione: in stagioni di folta crescita arborea il volto può risultare parzialmente nascosto.
Per chi organizza la visita, conviene pianificare in periodi in cui il paesaggio è meno ingombrato dalla vegetazione, come l’autunno o l’inverno, per avere una vista più chiara della superficie scolpita. L’intorno offre anche percorsi immersi nei boschi e nella campagna, e la lettura del sito si arricchisce se si considera il rapporto tra opera e territorio: la roccia stessa diventa supporto e memoria. Chi osserva da lontano coglie subito la precisione degli occhi, del naso e della bocca, segni che mostrano una cura formale che non passa inosservata. Alla fine della visita resta la sensazione concreta di trovarsi davanti a un punto di contatto tra arte, storia e consuetudini locali, e il motivo per cui questo volto continua ad attirare curiosità è proprio il suo equilibrio tra visibilità pubblica e riservatezza del luogo.
